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A volte, crescere è difficile... per questo ti resto vicino.

  • Immagine del redattore: veronicagriguoli
    veronicagriguoli
  • 17 mag 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 23 mag 2020

Tutti gli adulti sono stato bambini una volta,ma pochi di essi se ne ricordano" - Il Piccolo Principe; Antoine de Saint-Exupéry.


Tutti noi adulti, abbiamo dei ricordi legati alla nostra crescita. Per ognuno di noi ci sono stati momenti più facili e momenti più difficili, chi non ricorda il primo giorno di scuole medie oppure il primo amore? La prima bicicletta oppure quella litigata furiosa?

Eppure, quando guardiamo i bambini facciamo fatica a vederli immersi in quel continuo flusso di crescita e scoperta.


Quando penso ai bambini o agli adolescenti, cerco sempre di ricordare una teoria studiata all'università, Erik Erikson e la sua teoria dello sviluppo psicosociale, con la quale non solo mi ricordo, di porre l'accento sull'importanza dell'interazione tra la crescita dell'individuo e il suo ambiente, ma anche di individuare in quale sfida si trova la persona che ho davanti.


Erikson infatti ipotizza uno sviluppo composto da otto stadi, ciascuno caratterizzato da un conflitto tra due forze opposte che, scandiscono i momenti principali dello sviluppo della persona. In ogni stadio questa sfida è indicata da due termini, in cui uno rappresenta la conquista e il passaggio allo stadio successivo e l'altro il fallimento.

Il primo degli otto stadi riguarda l'infanzia, dalla nascita fino al primo anno di vita, una fase molto importante, perché è proprio durante questo periodo che il bambino impara in modo graduale a rapportarsi con l'ambiente che lo circonda, la sfida si gioca tra FIDUCIA e SFIDUCIA rispetto alla capacità dell'ambiente di rispondere ai suoi bisogni.

Il secondo stadio riguarda l'età che va dai due ai tre anni, le capacità motorie e cognitive del bambino sono più sviluppate, così pian piano egli reclama maggiore AUTONOMIA ma al contempo la sua goffaggine lo espone a fallimenti ed errori, per questo complice la comparsa delle emozioni secondarie il bambino sperimenta VERGOGNA e DUBBIO sulle proprie capacità di riuscita.

Tra i quattro e i cinque anni, la sfida coinvolge anche l'interazione con i pari e si gioca su INIZIATIVA e SENSO DI COLPA. Spesso i bambini a questa età sono un po' irruenti, quindi capita che facciano male a fratelli o compagni di gioco, tali comportamenti possono essere fraintesi come aggressività intenzionale e per questo il bambino oltre a ricevere continui richiami può provare un forte senso di colpa.

L'entrata nell'età scolare permette al bambino di misurarsi con gli altri e cimentarsi nei compiti di apprendimento, ciò lo pone sotto una forte pressione esterna che, si scontra così tra le sue capacità di INDUSTRIOSITÀ e il SENSO DI INFERIORITÀ.

Si arriva poi all'età dell'adolescenza un periodo che tocca un conflitto tra due temi molto intimi, tra i tredici e i diciotto anni, il ragazzo deve elaborare molteplici trasformazioni, corporee, cognitive e sociali. In questo periodo si emancipa dalla famiglia delineando una propria identità. E' proprio in questo periodo che l'adolescente deve rispondere al conflitto tra IDENTITÀ e DIFFUSIONE DI IDENTITÀ.


Senza andare troppo oltre, (perché altrimenti diventerebbe un trattato di psicologia dello sviluppo con il rischio che vi distraiate) appare già chiaro come le cose siano più facili a dirsi che a farsi.


Alzi la mano chi tra voi genitori non ha mai rimproverato il proprio figlio perché giocava in modo irruento con il suo compagnetto dell'asilo, tranquilli questo non fa di voi dei pessimi genitori, ma pone sui vostri bambini un'ulteriore condizione di stress, in cui la sfida tra le due forze opposte si accende.


Ecco quindi che le emozioni, se non conosciute e regolate, strabordano e possono a volte prendere forma nel corpo e nei pensieri, con sintomi che nel migliore dei casi portano alla consapevolezza della necessità di parlarne.

Il lavoro dello psicologo nell'età evolutiva è un lavoro fatto di piccoli passi, condividendo scopi e obiettivi non solo con il piccolo paziente ma anche con i genitori, mediando la comunicazione nei diversi contesti, fornendo strategie e giochi che aiutino il ragazzo o il bambino a superare il problema e a focalizzarsi sulle proprie risorse.

Nella mia esperienza sostenere il processo di crescita dell'individuo significa lavorare anche con il suo ambiente familiare e scolastico, non vedere l'individuo solo ma come parte di un sistema intrapersonale ed interpersonale.


Sei curioso e vuoi approfondire il tema? Fammelo sapere con un commento!


A presto!


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